Intelligenza emotiva è proprio uno di quei libri che dopo averlo letto viene da cambiare un po’ la prospettiva su diverse cose.
Da un lato, mette in crisi un sistema (soprattutto quello educativo) che ha una sua struttura iniziata secoli fa; dall’altro, apre la porta ad una più ampia visione di ciò che si intende per intelligenza, considerandola in ogni aspetto dell’esistenza umana.
Ma come si misura l’intelligenza? Quale significato ha?
Beh, molto semplicemente esiste un’esperienza che fanno praticamente tutti, fin dalla più tenera età ed è diventata lo spartiacque per dire: “intelligente sì”, “intelligente no”, ed è l’esperienza della scuola!
Quando penso all’intelligenza seguendo questo vecchio paradigma mi immagino una classe con sopra i banchi le teste degli studenti, sì proprio così, mi immagino solo le teste e niente corpo. Teste che entrano ed escono, teste che fanno l’intervallo, che salgono sui pullman, che svolgono interrogazioni…
Sì, solo teste, perché così funziona il vecchio paradigma, funziona seguendo la logica del risultato e della capacità di immagazzinare informazioni e quindi per raggiungere lo status di intelligente hai bisogno “solo” di una gran bella testa!
Il corpo no, quello non ti serve a niente, non ti serve esser coordinato se stai sul banco, non ti serve saper essere creativo per inventarti la vita, non te ne fai nulla di ciò che ti dice il tuo intuito, la tua pancia, il tuo cuore e le tue mani; non ti serve a niente saper dare un nome a un’emozione o intuire lo stato d’animo di un altro solo da uno sguardo. Tutto ciò non ti serve a niente, a meno che tu legga “Intelligenza emotiva” e che poi tu possa guardare sotto il banco e scoprirti tutto intero!