Leggendo il primo volume del libro Conversazioni con Dio di Neale Donald Walsch ho fatto una scoperta sensazionale, ovvero: “Dio è Gestaltista!”.
Nel libro l’autore si cimenta in quella che secondo lui è una vera e propria conversazione con Dio in cui egli pone le domande e Dio gli fornisce le risposte.
Leggendo il testo, più volte mi è venuta in mente la nostra amata Gestalt, ma vorrei soffermarmi su un concetto in particolare. Nel testo, Dio spiega all’autore come la nostra crescita possa essere ostacolata dal fatto che noi umani diventiamo chi siamo grazie all’esperienza altrui, grazie alle idee altrui.
Ovvero non ci basiamo su ciò che sentiamo o sulla nostra esperienza, ma su idee e concetti espressi da altri: l’educazione, le istituzioni, la religione, la scuola, il cosiddetto background.
Tutto ciò, secondo il Dio ideale del libro, ha contribuito a creare una forte spaccatura tra ciò che viene definito come “giusto” e ciò che viene definito come “sbagliato”, contribuendo alla crescita di manifestazioni di intolleranza, giudizio e divisione.
Leggendo queste parole ho pensato a ciò che in Gestalt viene chiamato introietto, ed a come nella relazione counselor– cliente si sostenga la persona a “sentire”, non a “pensare”.
Inoltre, si invita il cliente a fare esperienze, perché in Gestalt si dice: “le nuove esperienze curano quelle vecchie.”.